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In Cina i problemi toccano anche la musica, infatti il rap non è certo ben visto dal partito!

PG One, rapper sotto l'occhio del Partito Comunista cinese.

PG One, rapper sotto l'occhio del Partito Comunista cinese.

 

Che il rap sia riuscito a far innamorare proprio tutti non è certo una novità, basti pensare al programma tv The Rap of China, che ha permesso a tantissime persone di scoprire l’hip – hop in tutte le sue sfaccettature, ma il governo non l’ha presa bene, nonostante esistano già alcuni rapper che attraverso le loro rime mostrano amore ed apprezzamenti per il regime.

 

La crescita pazzesca dell’ Hip Hop in Cina!

Il programma televisivo già citato ha segnato una nuova era in Cina, stiamo parlando di un format a cui noi siamo già fin troppo abituati, con professori e studenti che apprendono le basi del rap, così da attraversare un percorso di crescita che li porterà poi a sfidarsi in competizioni uniche.

A fare la differenza è stata tutta l’organizzazione, ecco dunque che il reality ha raggiunto in pochissimo tempo una popolarità incredibile; in un solo mese sono stati registrati ben 1.3 miliardi di visualizzazioni, portando quindi la Cina a vivere un nuovo fenomeno, con ragazzini impazziti per il rap e nuove stelle pronte a scrivere il loro nome nel cuore di numerosi fan, con ospitate e contratti milionari, insomma, un fenomeno difficile da pronosticare in passato!

Tutte queste rime non solo hanno fatto impazzire milioni di persone, ma sono state prese di mira dal PPC, sempre attento a tutti ciò che effettivamente bolle in pentola; tra le canzoni che maggioemente parlano di comunismo troviamo Sun Bayi, creata proprio da uno dei rapper emergenti prodotti da questo reality, ma a fare la differenza è il suo ultimo pezzo, ovvero Brillante Cina, dove egli parla di quelli che sono gli ideali del partito, di quanta voglia ci sia nel promettere felicità al popolo intero.

E’ strano come un cantante del genere passi dal partlare di Lamborghini e donne, al trattare tematiche molto più complesse e che effettivamente stanno a cuore al PPC; non è certo una novità che il partito abbia una certa influenza anche sui cantanti, tanto da modificare testi di canzoni a proprio piacimento, motivo per cui potrebbe esserci anche in tal caso il loro zampino.

Eppure non ci si è fermati qui, perchè il PPC ha deciso anche di ritirare album interi, perchè gli artisti in questione non erano perfettamente in linea con le linee di Partito; capirete bene che per un cantante, qualunque sia il suo stile, questo può essere controproducente, quindi in Cina è importante seguire regole ben precise e se non lo si fa o ci si adatta o si passa alle maniere forti.

Il successo prodotto dal reality The Rap of China è stato pazzesco, addirittura si sono esibiti anche rapper che cantavano in dialetti locali, un po’ come succede anche da noi, ma la dittatura ha messo un freno a tutto ciò, basti pensare al fatto che con l’arrivo di Xi Jinping, il governo ha deciso di eliminare tutto ciò che non è ritenuto etico ed in linea con gli effettivi valori di partito.

Il rap non è certo l’unica vittima, in molti frangenti sono stati proibiti anche i tatuaggi, insomma, ci sarebbe molto da dire a riguardo, ma il regime non tollera errori.

Ultimamamente alcuni rapper sono stati presi di mira, uno di questi è proprio il risultato di The Rap of China, stiamo infatti parlando di PG One, che in un testo parla di sesso e droga, così come anche Fat Shady che parla degli stranieri presenti in Cina, ma la dittatura non si ferma qui, infatti, nel mese di Gennaio vi è stato un vero e proprio divieto nel mandare in onda artisti con tatuaggi e musica rap / hip – hop, semplicemente perché il partito non tollera tutto questo, motivo per cui, la seconda stagione di The Rap of China potrebbe essere cancellata del tutto.

La rivoluzione musicale in Cina

Di cambiamenti in cina ce ne sono stati tantissimi, basti pensare al rock degli anni 90, dove gli artisti  si videro in un certo senso risucchiati da quel vortice creato dal governo, tanto che il rock venne da quel momento bandito sia in tv che negli eventi live, quelli dal vivo per intenderci.

Oggi con la musica hip – hop sta succedendo forse la stessa cosa, è pur vero che siamo solo agli inizi, ma la storia potrebbe ripetersi e colpire chiunque, magari anche artisti minori che cantano per il bene della propria patria, così da riproporre brani che hanno segnato un’epoca come This is China.

Se dovessimo analizzare quel brano troveremo sicuramente tantissimi spunti comunisti, eppure il pezzo già nel 2016 divenne amato da tantissime persone, forse fa un po’ sorridere, alcune frasi non sono proprio il massimo, sotto certi punti di vista sembra proprio un pezzo di propaganda, ma cosa dire, i gusti son gusti, soprattutto se di mezzo c’è sempre lo zampino del Partito.

 

Quale sarà il futuro musicale in Cina?

Beh le incertezze non mancano e sembra essere tutt’altro che roseo, a sostenerlo è uno degli artisti più conosciuti, ovvero Naggy di Shanghai; il suo obiettivo è quello di fare gruppo con tanti altri artisti che al momento fanno fatica ad esprimersi in musica, sarà interessante quindi capire cosa succederà e come ogni singolo artista deciderà di reagire ai tanti divieti imposti dal PPC.

Tutto potrebbe cambiare, oppure vedere ancor più una presa di posizione dall’alto; alcuni artisti potrebbero scegliere di collaborare con il Partito e non di schierasi contro, in un certo senso proveranno ad emulare quello che altri colleghi fecero negli anni 90, ma non sarà di certo una scelta giusta, una scelta fatta per amore della musica e condivisibile da tutti.

I divieti non sono certo leggeri, perché qui non si parla solo di musica hip – hop, ma si abbracciano anche altri generi, passando quindi al rap decisamente più underground, fino ad arrivare alla musica elettronica; un altro artista di spicco, ovvero Mr Trouble sostiene che il governo sta gestendo al meglio il paese, che tali scelte sono perfette, ma è sicurissimo che a breve il genere Hip – Hop verrà cancellato, bloccato in ogni sua forma e presto dimenticato da tutti per il bene della nazione.

Staremo a vedere chi avrà ragione!

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