Intervista al rapper napoletano EL PIT

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musicworldnews.it: ciao raccontaci un pò dei te e della tua vita.
EL PIT: sono nato il 3 Luglio 1997 a Pompei e vivo lì; dopo aver conseguito la maturità classica nel 2015, mi sono iscritto all’università, presso la facoltà di giurisprudenza, alla ” Federico II” di Napoli. La passione per il rap ha sempre contraddistinto la mia adolescenza, ma fino all’età di 19 anni, non avrei mai pensato di intraprendere una carriera musicale, di espormi, di proporre pezzi miei.
Ho sempre avuto, sin da piccolissimo, l’amore per la scrittura; mi divertivo a scrivere racconti e poesie, ma non credevo avrei mai avuto il coraggio di pubblicare un giorno qualcosa di mio, anche per via del mio carattere; su questi aspetti sono sempre stato molto introverso, e tutt’ora quando pubblico i pezzi, non la vivo serenamente, ho sempre l’ansia di non essere riuscito a trasmettere quello che mi ero proposto di comunicare, e questa paura in passato mi ha frenato parecchio. Anche perchè penso che il fallimento più grande per un artista sia non essere in grado di emozionare.
L’indifferenza è il pericolo più grande, preferisco una critica negativa, costruttiva o meno, ma non l’apatia verso la mia roba, la vivrei malissimo. Per questo sono molto severo e autocritico: prima di registrare un pezzo, mi chiedo se da ascoltatore potrebbe colpirmi o meno, se non sono pienamente soddisfatto del prodotto, la traccia non esce. Finora la musica è solo passione, ma intendo portarla avanti con professionalità, nella speranza che un giorno possa diventare il mio lavoro. Fino ad allora, porto avanti contemporaneamente la musica e lo studio universitario. Non sempre è facile viaggiare su questi due binari nello stesso tempo, anche perchè l’uno porta via tempo all’altro e viceversa. Però la passione funge da carburante e mi dà sempre nuova spinta e nuovi stimoli per continuare e soprattutto migliorarmi. Logica conseguenza è che di tempo libero ne ho sempre di meno, ma l’amore per la musica vince su tutto e non mi fa pesare alcuni piccoli sacrifici e alcune piccole rinunce ( anche economiche). Se prima ero più narcisista e mi piaceva l’idea di togliermi qualche sfizio, adesso ci penso 10 volte in più sopra, prima di spendere, proprio perchè voglio dare precedenza assoluta agli investimenti che faccio per la musica. Ma ripeto, questo rapporto così viscerale che ho con questo genere, mi fa pensare che sto facendo la cosa giusta, perchè è questo che mi rende davvero felice, è questa la dimensione che mi dà appagamento: scrivere i testi, passare le ore in studio a contatto con le persone che stimo e che mi fanno crescere, registrare, curare tutti i dettagli attorno alla musica.

 

musicworldnews.it: come ti sei avvicinato alla cultura rap? che cosa ti ha fatto appassionare di più tanto da diventare un vero e proprio rapper?
EL PIT:  il primo passo verso l’hip hop è stato iniziare ad ascoltarlo, ricordo che avevo circa 10 anni quando dalle mie parti spopolavano i Co Sang, per l’epoca e per il mio territorio fu un’autentica svolta: nessuno prima aveva mai rappato in dialetto in quel modo, così similare, per certi versi, alla matrice americana. Fu un’onda contagiosa per me. Tuttavia restai limitato alla figura di ascoltatore, e di fatto così è stato fino a un paio d’anni fa. Nel 2016 uscii ” Malammore” di Luchè, a mio parere uno dei migliori album della storia dell’hip hop italiano. Un disco pieno di suggestione, emotività, sentimento. Introspettivo e molto profondo. Arrivò in un periodo particolare della mia vita, mi sentii sin da subito coinvolto in tutte le tracce, quasi come se alcune fossero state scritte apposta per me e per le cose che stavo vivendo. Una coincidenza quasi mistica. Dopo pochi mesi andai a un live di Luchè. Ero sotto al palco e ricordo che mi ritrovai a un passo da lui, fu emozionante. Dopo quella serata, qualcosa era scattato in me. Capii che avevo delle cose da dire. Capii che avevo bisogno del rap per dirle. Da lì mesi di “esercitazione”, in cui ho affinato la scrittura e la capacità di andare a tempo sul beat. Nel Maggio 2017 mi sentivo pronto. E ho registrato il mio primo pezzo. 

 

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musicworldnews.it: che software e strumentazione utilizzi per produrre i tuoi beat?
EL PIT: nella scelta dei beat che utilizzo, il primo obiettivo che mi pongo è quello di non suonare mai uguale. Anche se magari un certo numero di pezzi condividono lo stesso mood, voglio sempre conservare un’originalità nelle liriche, nel flow e nel suono. Odio essere stereotipato, amo sperimentare. Anche perchè ascolto quotidianamente almeno 4/5 generi musicali diversi, amo la musica in tutte le sue forme e quindi cerco sempre di essere vario nella forma espressiva, nella fattispecie il beat. Oltre a quest’aspetto, è innegabile che la mia radice hip hop resta l’underground. La mia ispirazione principale è quella, la mia inclinazione naturale è votata a beat “hard”. Magari mi viene più facile fare un banger o un pezzo street rispetto al resto, ma proprio perchè voglio sempre mettermi in gioco, mi sforzo di comunicare in maniera sempre diversa. Ci lavoro parecchio. 

 

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musicworldnews.it: il tuo team con cui lavori è sempre lo stesso?
EL PIT:  il mio team di lavoro è composto da una squadra di veri e propri fratelli, ragazzi che mi sostengono e mi incoraggiano dal giorno zero; oltre a loro, si alternano videomaker, grafici, addetti alla fotografia e quant’altro. Sfortunatamente non ho ancora un mio producer, ma ho avuto la possibilità di appoggiarmi all’It’s Classic Studio, diretto da Valerio Nazo, a mio avviso uno dei migliori MC e beatmaker italiani; lì ho registrato quasi tutti i miei pezzi, Valerio ne ha curato mix e master, e sicuramente la possibilità di un confronto con una persona come lui, mi ha fatto crescere tantissimo e mi ha aperto la mente, non soltanto da un punto di vista musicale. 

 

musicworldnews: fare rap è come parlare su una base?
EL PIT: credo sia un’affermazione riduttiva. Io vivo il rap prima di tutto come un’esigenza. Non ne potrei fare a meno. Scandisce il ritmo della mia vita, così come le cose che scrivo. Anche nelle punchlines all’apparenza più cattive o arroganti c’è sempre un bisogno che le giustifica. Una fame di espressione che soltanto il rap riesce a saziare in me. Se dovessi dare una definizione al rap, almeno dal mio punto di vista, userei il titolo del mio primo EP, che presenterò a breve: terapia. Una parola che deriva dal greco, e che significa “curare”, o meglio ” guarire”. Una guarigione che passa attraverso azioni o trattamenti che finiscono col procurare, nel malato, una sensazione quasi di piacevolezza, in contrasto col dolore che si continua a lamentare. Per me il rap è questo. Terapia. Dà sollievo alla mia anima, cura i miei pensieri peggiori. Forse mi sento guarito soltanto mentre scrivo o registro le mie robe. Anche se poi si tratta di guarigione momentanea, il cui effetto svanisce nell’istante in cui si passa dall’ispirazione alla quotidianità. 

 

musicworldnews: non c’è una parola che può definirti?
EL PIT: mi piace che siano gli altri a definirmi, soprattutto artisticamente. Nel momento in cui fai musica o comunque condividi col mondo una tua passione, in un certo qual modo smetti di essere tuo. Diventi di dominio pubblico, con tutte le conseguenze che questa “metamorfosi” possa comportare. Ed è chi ti ascolta ad avere il diritto, più di te stesso, di definirti. 

 

musicworldnews: qual è la tua posizione nello scenario del rap italiano?
EL PIT: come dicevo in precedenza, vengo dall’underground, ma ho sempre l’impazienza di spaziare e cimentarmi in dimensioni diverse tra loro. Sono affascinato dalla trap, per esempio, e in generale da ogni elemento di novità. L’importante è restare sè stessi. Dei modelli di riferimento ci sono, ma alla lunga, se guardi troppo gli altri, rischi di diventare una loro copia. La musica ti dà la possibilità di attingere da più parti, io lo faccio molto, e poi rielaboro in chiave personale. Sono anche molto autocritico. Quando scrivo un pezzo, mi chiedo sempre se, da ascoltatore, mi potrebbe colpire. Solo quando mi rispondo di sì lo concludo.
Quanto allo scenario attuale dell’hip hop italiano, indubbiamente c’è da rilevare una crescita notevole, già rispetto a un decennio fa. Il numero di ascoltatori è sensibilmente aumentato, e con essi anche i mezzi di diffusione, la cultura e le nuove proposte. Tantissimi ragazzi iniziano a fare rap, logicamente il lato positivo è che la scena si completa di personaggi variegati, il lato negativo è che forse in certi casi si nota un certo appiattimento: a volte i prodotti sono talmente simili tra loro che quasi non si distinguono, l’ambizione del giovane rapper spesso è subito quella del guadagno facile , il che lo porta a scimmiottare i rapper di successo, con dubbi risultati; in linea di massima, un’artista per me diventa davvero tale quando si fa portatore di uno stile proprio; alla lunga, le imitazioni si riconoscono e non vengono premiate. 

 

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musicworldnews: quali sono le 3 produzioni italiane che ti hanno colpito di più quest’anno e perché?
EL PIT: la scelta sarebbe troppo ardua, produttori italiani di talento, anche emergenti, ne stanno venendo fuori tanti. Più che altro mi sento di fare due nomi, per un mio gusto personale: Yung Snapp e Valerio Nazo. Il primo è stato una sorta di “bimbo prodigio”, lavora per Dogozilla e secondo me diventerà uno dei leader nel suo campo a livello nazionale, nulla togliendo ai nomi arcinoti dei producer famosi. Predestinato. Il secondo, a mio avviso, meriterebbe il triplo del successo e della visibilità attuale, e questo non soltanto perchè come beatmaker mantiene sempre un marchio riconoscibile ( uno stile suo insomma, l’originalità che contraddistingue gli artisti), ma anche perchè a ciò aggiunge doti da liricista e rapper ( uno dei pochi che ascolto con piacere anche per ciò che dice, per il messaggio che lascia in ogni traccia, nei pezzi di Valerio sei certo di non trovarci la solita sterile cantilena, c’è sempre spazio per contenuti e riflessioni).

 

musicworldnews: negli ultimi 10 anni, la diffusione della musica ha subito un grosso cambiamento, ora ci sono le piattaforme di streaming e gli store digitali, quali sono i pro e i contro secondo te, rispetto a come la musica era prima di tutto questo?
EL PIT: da un punto di vista della diffusione del prodotto musicale, sono stati fatti notevoli passi avanti. La musica è a portata di click per chiunque sia interessato ad ascoltarla, bastano pochi passaggi per entrare negli smartphone o nelle cuffiette dei ragazzi, e senz’altro le nuove piattaforme apposite hanno contribuito ad allargare il mercato. Per quanto mi riguarda, resto affezionato al classico disco, con la copertina, la grafica contenente i testi, le immagini aggiuntive. Ormai un quadro simile, nella musica, appartiene al vintage. A tratti non mi dispiace esserlo. 

 

musicworldnews: grazie EL PIT per averci concesso un pò del tuo tempo e buona fortuna.

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